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martedì 14 febbraio 2017

Rendimenti dei buoni postali fruttiferi: facciamo chiarezza



Si legge spesso in rete di vere e proprie crociate intraprese per gli investitori per garantire loro un interesse maggiore rispetto a quello liquidato da Poste Italiane al momento della presentazione del buono fruttifero postale per l’incasso.
Sul tema sembra esservi, ad oggi, poca chiarezza, sia per la natura molto tecnica della questione, sia per la vastità della casistica che può riguardare una pluralità di investitori e che, non sempre, conduce a soluzioni uniformi.
Abbiamo notato che molti consumatori, titolari di buoni postali fruttiferi, ritengono che le Poste tendano a liquidare somme inferiori rispetto a quelle dovute. Ciò può essere vero solo in un ristrettissimo numero di casi, delle vere e proprie eccezioni alla regola.
Cercheremo di chiarire i termini della questione in maniera molto semplice e, per quanto
possibile, atecnica, al fine di rendere le cose quanto più possibile comprensibili anche a chi “non è del mestiere” (sarà perdonata, dunque, qualche imprecisione che, tuttavia, non inciderà sul fulcro della questione).
Il consumatore che acquista un buono postale fruttifero sa che “paralizzerà” determinate somme al fine di ottenere un cospicuo rendimento a distanza anche di venti o trent’anni.
Il tipico buono postale fruttifero (quello che, per intenderci, i nostri nonni hanno acquistato a nostro nome come dono per il battesimo o per un remoto compleanno della nostra infanzia) riporta, nel retro, una tabella che indica quale sarà il valore del buono nel momento in cui decideremo di rimborsarlo. La stessa tabella, inoltre, indica quale tasso di interesse verrà applicato, in maniera sempre crescente, con il trascorrere degli anni.
Ciò significa che al momento in cui porterò il mio buono postale all’incasso riceverò esattamente la somma indicata nel tergo del buono?
La risposta è negativa. Non è detto, infatti, che il rendimento del buono sia sempre corrispondente a quello in esso riportato. Le variazioni del saggio d'interesse dei buoni postali fruttiferi sono disposte con decreto ministeriale ed hanno effetto per i buoni di nuova serie, emessi dalla data di entrata in vigore del decreto stesso, e possono essere estese ad una o più delle precedenti serie (d.l. n. 460/1974). In altri termini: un decreto ministeriale entrato in vigore in un determinato momento può variare il saggio d’interesse anche dei buoni emessi prima della sua entrata in vigore, potendo, tale decreto, avere efficacia retroattiva.
Ci avviciniamo, quindi, al fulcro della questione: nel 1986 il Ministero del Tesoro ha emesso un decreto con cui ha disposto – con efficacia retroattiva – la modificazione dei saggi d'interesse sui libretti e sui buoni postali di risparmio. Si legge, infatti, all’art. 6 del decreto (datato 13 giugno 1986) che: “Sul montante dei buoni postali fruttiferi di tutte le serie precedenti a quella contraddistinta con la lettera «Q», compresa quella speciale riservata agli italiani residenti all'estero, maturato alla data del 1° gennaio 1987, si applicano, a partire dalla stessa data, i saggi di interesse fissati col presente decreto, per i buoni della serie «Q»”. I buoni con serie precedente alla lettera Q (es. M, N, O, P) prevedevano un rendimento di gran lunga superiore a quello fissato per i buoni della serie Q. Tale rendimento è stato radicalmente abbattuto con il decreto del 13 giugno 1986, questo il motivo per cui il portatore di un buono postale fruttifero, ad esempio, di serie O, al momento dell’incasso si è visto liquidare importi inferiori rispetto a quelli che si aspettava di ricevere sulla base della tabella stampata nel tergo del buono.
Tutto ciò è regolare?
Certamente sì, perché si tratta di un risultato legittimo (ossia consentito dalla legge)… che poi non sia giusto è tutt’altra valutazione.
Come si spiega, allora, il fatto che alcuni titolari di buoni postali fruttiferi siano effettivamente riusciti a ottenere somme ulteriori rispetto a quelle inizialmente corrisposte dalle Posta?
A nostro avviso si tratta di ipotesi davvero marginali. L’unico caso in cui il titolare del buono può vedersi riconoscere un importo superiore rispetto a quello rimborsato dalle Poste è quello dell’investitore che ha sottoscritto il buono postale fruttifero subito dopo l’entrata in vigore del decreto ministeriale del 13 giugno 1986 e il buono in questione continuava a riportare nel tergo la “vecchia” tabella degli interessi. In questo caso, dicono le Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 13979/2007): “il contrasto tra le condizioni, in riferimento al saggio degli interessi, apposte sul titolo e quelle stabilite dal d.m. che ne disponeva l'emissione deve essere risolto dando la prevalenza alle prime, essendo contrario alla funzione stessa dei buoni postali - destinati ad essere emessi in serie, per rispondere a richieste di un numero indeterminato di sottoscrittori - che le condizioni alle quali l'amministrazione postale si obbliga possano essere, sin da principio, diverse da quelle espressamente rese note al risparmiatore all'atto della sottoscrizione del buono”. In altri termini: se Poste Italiane, dopo l’entrata in vigore del nuovo saggio di interessi, rilascia dei buoni con condizioni economiche diverse da quelle dettate dal decreto ministeriale, le condizioni riportate sul buono si considerano prevalenti rispetto a quelle dettate dalla legge, perché implicitamente consentono all’investitore di fare affidamento sul fatto che l’Ente che ha emesso il buono abbia voluto riconoscergli un rendimento diverso da quello stabilito dalla legge in vigore in quel momento. In ogni altro caso, il saggio di interesse disposto dalla norma prevale su quello indicato nel tergo del buono postale.
Come fare, quindi, per capire se il buono postale in nostro possesso, acquistato dopo il giugno del 1986, ci consente di ottenere un rendimento superiore rispetto a quello stabilito dal decreto ministeriale del 13 giugno 1986?
Innanzitutto è necessario vedere se sulla tabella che riporta il saggio di interesse del buono sia stato sovrapposto un timbro. Se vedete un timbro che riporta interessi diversi da quelli della tabella, ogni sogno di incrementare il rendimento del vostro buono postale può considerarsi svanito. In caso contrario, prestate molta attenzione, Poste Italiane potrebbe essere tenuta a riconoscervi anche il doppio rispetto a ciò che vi ha riconosciuto al momento del rimborso.
Va da sé che, prima di portare i vostri buoni postali allo sportello per l’incasso, è quanto meno opportuno che ne facciate una fotocopia fronte/retro. In mancanza sarà quasi impossibile ogni valutazione del caso.
Per maggiori informazioni: 0965.29805.