Come molti sapranno, a decorrere
dal 1° gennaio 2007 è stato introdotto il c.d. indennizzo diretto dei danni
subiti in seguito a sinistro stradale.
In estrema sintesi, l’indennizzo
diretto consente alla vittima del sinistro (che si tratti di danni al veicolo o
alle persone coinvolte) di poter domandare il risarcimento delle conseguenze
dell’incidente stradale alla propria compagnia assicurativa, anziché a quella
del diretto responsabile del danno, a patto che il sinistro coinvolga solo due
veicoli e che, in caso di danno alla persona, questo non determini un’invalidità
superiore al 9%.
Si tratta di un meccanismo volto ad agevolare l’assicurato, che ha un più immediato referente, facilmente
individuabile. Starà, poi, alle compagnie assicuratrici dei veicoli coinvolti regolare
tra di loro gli aspetti economici della liquidazione corrisposta all’assicurato.
Resta da chiarire un aspetto di
non secondaria importanza: la procedura di indennizzo diretto è obbligatoria
per l’assicurato o rappresenta una semplice facoltà? In altri termini: se
rimango vittima di un sinistro ho l’obbligo chiedere i danni alla mia compagnia
assicurativa o posso, invece, agire direttamente nei confronti della compagnia
assicurativa del proprietario del veicolo responsabile del sinistro?
Una risposta chiara, diretta a
sciogliere il dubbio, è stata fornita da una recentissima pronuncia del Giudice
di Pace di Piacenza, che con la sentenza n. 282 del 4 aprile 2012, ha
definitivamente statuito che: “Occorre necessariamente premettere che con la
Sentenza interpretativa n. 180/2009, la Corte Costituzione ha escluso- secondo
una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 149 DLT 209/2006-
che il comma 6 di detto articolo possa essere interpretato nel senso di
precludere al danneggiato la possibilità di agire contro l’assicurazione del
responsabile civile, dovendo la norma essere necessariamente intesa nel senso
che il danneggiato può scegliere se agire contro il proprio assicuratore oppure
contro quello del responsabile civile.
Rileva il giudicante che
consentire la scelta al danneggiato solo alla fase giudiziale sarebbe una
decisione illogica e ingiustificabile perché all’azione giudiziale deve
comunque precedere la richiesta danni, nel forme previste dalla legge;
considerato poi che il danneggiato, come
non può essere costretto ad agire in giudizio unicamente contro il proprio
assicuratore, così non può ritenersi costretto, durante la fase stragiudiziale”.
Il Giudice di Pace, in sintesi,
ha stabilito che la procedura di indennizzo diretto non rappresenta che una
facoltà per il danneggiato che intende ottenere il risarcimento delle
conseguenze del sinistro, potendo quest’ultimo, così come accadeva in passato
(ossia, prima del 1° gennaio 2007, data di introduzione della nuova forma di
liquidazione del sinistro), continuare ad agire direttamente nei confronti
della compagnia assicurativa del
responsabile del sinistro; quest’ultima, infatti, non potrà contestare alla
vittima del sinistro che richieda l’indennizzo di non essere “qualificata” a
rispondere a tale legittima istanza, né – nel caso in cui si renda necessario
agire in giudizio per ottenere il risarcimento – potrà eccepire il proprio
difetto di legittimazione passiva (ossia il fatto di non essere il soggetto
idoneo a resistere in giudizio, perché, sostanzialmente, estraneo alla materia
del contendere).
Si riporta, di seguito, il testo
integrale della motivazione della sentenza sopra citata:
[omissis]
OSSERVA
La presente controversia può
essere decisa solo in parte, con sentenza non definitiva, con prosieguo del
giudizio in ordine agli altri profili controversi.
L’attore R., a seguito di sinistro
stradale, che lo vedeva coinvolto insieme al sig. T. proponeva sin dalla fase
stragiudiziale domanda di risarcimento alla compagnia del responsabile civile I.
Quest’ultima aveva sollevato la propria incompetenza a provvedere ai sensi del
comma 1 dell’art. 149 C.A.P. ed aveva invitato il R. a rivolgersi alla propria
assicurazione.
L’attore invece citava in
giudizio il sig. T. e direttamente la società I., quale assicurazione del
responsabile civile chiedendo il risarcimento di tutti i danni patiti.
Si costituiva in giudizio invece S.
S.p.a in forza di mandato irrevocabile conferito da I. Con tale mandato si
attribuisce all’impresa assicuratrice del R. (danneggiato) il potere di agire
in nome e per conto o solo per conto dell’impresa di assicuratrice del
responsabile civile, sia nella fase stragiudiziale sia nella fase giudiziale.
La S. nella medesima costituzione
dichiarava anche di intervenire nel processo chiedendo al Giudice di considerare
ammissibile il proprio intervento adesivo autonomo e lo sollecitava a
respingere la domanda del danneggiato per avere lo stesso rivolto la richiesta
indennitaria ad impresa assicuratrice non competente secondo l’art. 149 DLT
n.209/2005; in subordine, nel merito liquidare il danno se e nella misura in
cui lo stesso risulterà provato.
Con ordinanza riservata del
30-11-2011 il giudicante dichiarava la contumacia di T. e dell’Assicurazione .
infine fissava per precisazione delle conclusioni e discussine. Nell’udienza
del 15-2-2012 la causa veniva trattenuta in decisione.
Occorre necessariamente
premettere che con la Sentenza interpretativa n. 180/2009, la Corte
Costituzione ha escluso- secondo una interpretazione costituzionalmente
orientata dell’art. 149 DLT 209/2006- che il comma 6 di detto articolo possa
essere interpretato nel senso di precludere al danneggiato la possibilità di
agire contro l’assicurazione del responsabile civile, dovendo la norma essere
necessariamente intesa nel senso che il danneggiato può scegliere se agire
contro il proprio assicuratore oppure contro quello del responsabile civile.
Rileva il giudicante che
consentire la scelta al danneggiato solo alla fase giudiziale sarebbe una
decisione illogica e ingiustificabile perché all’azione giudiziale deve
comunque precedere la richiesta danni, nel forme previste dalla legge;
considerato poi che il danneggiato, come
non può essere costretto ad agire in giudizio unicamente contro il proprio
assicuratore, così non può ritenersi costretto, durante la fase stragiudiziale.
La domanda dell’attore deve,
quindi, dichiararsi ammissibile.
Diversamente, non può considerare
ammissibile la comparsa di costituzione di I. in nome e per conto o solo per
conto dell’Assicurazione del responsabile civile.
Prima di tutto perché così
facendo si imporrebbe all’attore una controparte che non ha scelto.
Infatti, se la convenzione tra le
imprese (CARD) giustifica l’interesse dell’Assicurazione del danneggiato ( in
questo caso Sara ASS. ) ad intervenire nel giudizio in quanto portatore di un
interesse proprio e comunque garantendo
maggiormente l’attore in giudizio, diversamente il semplice “mandato” non può
legittimare una sostituzione processuale ex art.81 c.p.c.
Questo “mandato con rappresentanza”
è una scrittura privata munita di firma a repertorio da notaio con il quale
l’impresa S. intenderebbe giustificare la sua presenza in giudizio, nonostante
la stessa non sia stata citata dall’attore/danneggiato che ha optato per
l’azione ex art.2043 c.c. Tale scrittura privata con firma autentica, a
prescindere dalla loro qualificazione di “procura” con la quale si intende
conferire “mandato con rappresentanza” non pare comunque idonea a risolvere il
problema della legittimazione a stare in giudizio laddove non sia stata citata
dall’attore.
Con il “mandato” le imprese di
fatto non conferiscono alcuna procura o mandato poiché l’oggetto della procura
riguarda sempre e comunque solo l’attività che la “ gestionaria” è comunque obbligata
dalla legge a compiere in nome proprio e delle cui obbligazioni risponde in
nome proprio.
Difatti la procura recita : “..conferisce ad ognuno delle imprese di
seguito indicate….un mandato irrevocabile a compiere ogni attività, nessuna
esclusa, che si rende necessaria per la gestione e la liquidazione del danno
nei sinistri rientranti nell’ambito di applicazione degli artt.141 e 149 .”
La procura riguarda solo l’ambito delle
speciali azioni previste dagli artt. 141 e 149 codice assicurazioni, trasportati
e risarcimento diretto e non certo le ordinarie azioni svolte ex art. 144 in
forza della procedura dell’art.148.
In ogni caso, come sopra
anticipato, la procura rimane comunque atto negoziale che resta nell’ambito
della autonomia tra privati e come tale certamente non può incidere sui diritti
dei terzi né può modificare le norme processuali che disciplinano la materia in
particolare l’art. 81 c.p.c. che in tema di sostituzione processuale prevede
che fuori dai casi previsti espressamente dalla legge, nessuno può far vale nel
processo un nome proprio un diritto altrui.
Il mandato non è una procura
generale e certamente non comporta alcun conferimento di poteri generali alla
compagnia gestionaria. La stessa Cassazione ha più volte ribadito che il potere
rappresentativo processuale, con la correlativa facoltà di nomina dei difensori
e conferimento di procura alla lite può essere conferito soltanto a colui che
sia investito di potere rappresentativo di natura sostanziale in ordine al
rapporto dedotto in giudizio e poiché al mandatario non sono stati conferiti
poteri generali in mancanza di tali poteri è esclusa la legittimazione ad
processus del preteso rappresentante ( si veda per tutte Cass. sez.Un.
2479/2009).
Completamente diverso è invece
ragionamento circa l’ammissibilità dell’intervento volontario
dell’Assicurazione S. (assicurazione del danneggiato).
Come è noto il terzo può
intervenire nella causa già pendente tra le parti originarie. L’art. 205 c.p.c.
disciplina alcuni tipi di intervento volontario che si distinguono a seconda
della connessione tra la situazione giuridica soggettiva di cui il terzo è
titolare e che fa valere nel processo e il rapporto giuridico controverso
oggetto del processo pendente.
Il primo comma dell’art. 205
c.p.c. disciplina l’intervento principale. Il terzo è titolare di un diritto
autonomo rispetto al rapporto controverso, ma connesso con riferimento al
petitum o ai fatti costitutivi, proponendo una domanda giudiziale nei confronti
di tutte le parti e fa valere un proprio diritto di cui si afferma titolare.
La norma disciplina anche
l’intervento adesivo autonomo nel quale il terzo pur facendo valere un proprio
diritto autonomo, propone una domanda nei confronti di una soltanto delle parti
originarie. Il diritto fatto vale in giudizio non è incompatibile con quello
controverso ma sorge da una identità di
fatto costitutivo o di causa pretendi. In questo caso nonostante
l’autonomia l’intervento si qualifica adesivo perché è spiegato solo nei
confronti di una delle parti (come nel caso di specie).
Il terzo può anche intervenire in
causa soltanto per sostenere le ragioni di alcune delle parti avendo un
interesse giuridicamente apprezzabile, in quanto titolare di un rapporto
giuridico connesso con quello dedotto in giudizio o da esso dipendente. In
virtù di tale connessione o dipendenza , può sorgere un pregiudizio del diritto
di cui il terzo si asserisce titolare, nell’ipotesi di soccombenza della parte
originaria adiuvata. Deve essere comunque un interesse giuridicamente tutelabile.
Appare evidente che l’intervento
dell’Assicurazione S. sia inquadrabile nella figura dell’intervento adesivo
autonomo, considerato che la S. assume solidalmente le obbligazioni già in capo
all’assicurazione I.
Si tratta infatti di
litisconsorzio facoltativo tra le due assicurazioni in quanto esiste
connessione per l’oggetto.
Osserva il giudicante che in
esecuzione dell’art. 13 DPR 254/2006 è stata stipulata una convenzione tra le
imprese di assicurazioni ai fini della regolazione dei rapporti organizzativi
ed economici per la gestione dell’indennizzo diretto (CARD).
La convenzione comporta
l’assunzione nella vesta di “gestionaria quando il risarcimento viene
effettuato in tutto o in parte dall’impresa assicuratrice del veicolo civilmente
responsabile del sinistro ovvero di debitrice quando i danni provocati dal
proprio assicurato responsabile vengono risarciti per suo contro da un’altra
impresa che diritto ad essere rimborsata secondo la quota di responsabilità
attribuibile al proprio assicurato”.
E’ proprio dalla convenzione CARD
che nasce l’interesse giuridicamente tutelabile dell’Assicurazione S. ad
intervenire nel processo di cui è causa.
La convenzione CARD può a parere
del giudicante qualificarsi quale delegazione cumulatoria titolata non
liberatoria ai sensi dell’art. 1268 c.c.
La delegazione è l’incarico
conferito da un soggetto, detto delegante, ad un altro soggetto detto delegato,
di pagare e di obbligarsi a pagare ad un terzo.
Il termine delegazione vale poi a
designare l’operazione complessiva dell’incarico delegatorio e degli atti ad
esso collegati.
L’art. 1268 c.c. prevede solo la
delegazione passiva quando il delegante è il debitore del delegatario e
conferisce l’incarico al delegato al fine di adempiere la propria obbligazione.
Si tratta di un ipotesi di notificazione
del soggetto passivo del rapporto obbligatorio che nel caso di specie
comporterà l’affiancarsi di un nuovo debitore con conseguente rafforzamento
della garanzia patrimoniale del creditore.
Non può certamente parlarsi di
delegazione liberatoria che rientra nello schema della novazione soggettiva e
dove l’obbligazione del delegato sostituisce quella originaria la quale si
estingue. In quest’ultimo caso l’immediata liberazione del debitore originario
modifica la posizione del creditore togliendo a quest’ultimo il vantaggio
tipicamente connesso alla delegazione. Essa richiede il consenso del creditore.
Nella delegazione comulativa o
non liberatoria vi è la costituzione di una obbligazione che si aggiunge, senza
estinguerla all’obbligazione originaria del delegante.
Conseguentemente l’adempimento
del delegato è imputato al delegante estinguendo l’obbligazione di
quest’ultimo. Pertanto esiste tra l’obbligazione del delegante e quella del
delegato un vincolo di solidarietà e le vicende estintive del debito originario
incidono sull’obbligazione del delegato e viceversa secondo le regole della
solidarietà.
Nella delegazione titolata, come
appunto nel caso in esame, il delegato può opporre al delegatario (R.i) le eccezioni relative al
rapporto di provvista (tra Assicurazione I. e Assicurazione S.) e di valuta (
tra I. e l’attore) .
Nel caso di specie il delegato
assume il debito del delegante in ragione della sottoscrizione della
convenzione CARD.
Si conclude poi rilevando che la
domanda proposta dall’attore, nell’atto di citazione, si estende
automaticamente alla compagnia intervenuta come affermato più volte dalla
Cassazione (si veda per tutte Cass n.17954/2008).
Il giudicante poi dispone la prosecuzione
del giudizio con separata ordinanza e riserva all’esito del giudizio la
statuizione sulle spese.
P.Q.M.
[omissis]
Così deciso in Piacenza il 4
aprile 2012
Il Giudice di Pace
Avv. Ljdia Bruno